Associazione per il Patrocinio e la Promozione della Figura e dell’Opera
MARIO SIRONI

Composizione con cavaliere, 1950 ca.

Composizione, 1952-1955

Apocalisse, 1960

BIOGRAFIA BREVE DI MARIO SIRONI
di Elena Pontiggia

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Su un foglio ritrovato nel suo studio, scritto nel '44-'45, leggiamo: "Ogni giorno è lo sforzo immane di vivere, di resistere con questo cuore schiantato dalla enorme fatica di esistere… Non c'è nessuno qui vicino a me, ancora e sempre solitudine atroce… In certi momenti mi illudo ancora. Poi torna a soffiare il vento livido orrendo… S'è tutto rotto in questi mesi, tutto. Non sono rimaste che macerie e paura". E in una lettera del 1945-1946: "Ma quello che è venuto dopo è stato veramente una cosa spettrale… Ho visto cose che tutta la mia amara filosofia non mi avrebbe mai fatto immaginare, ho visto l'atrocità della vita e la bestialità umana"30.
Per Sironi, che non cerca scampo (come tanti) nei trasformismi dell'ultima ora, la fine del regime è un momento terribile. E non si deve pensare solo a una sofferenza morale, perché il 25 aprile rischia anche di essere fucilato.
Su questo drammatico episodio sono circolate varie versioni, alcune palesemente inverosimili come quella, riferita da Valsecchi, secondo cui Sironi il 25 aprile sarebbe uscito in strada fra gli spari, a Milano, e avrebbe camminato per ore, con la sua cagnetta, fino a raggiungere il lago di Como (distante, sia detto per inciso, quasi cinquanta chilometri)31.
In realtà, come testimonia Gianni Rodari, l'artista, con il cane al guinzaglio, prese effettivamente la strada per Como, ma venne fermato a un posto di blocco da una brigata partigiana. Sarebbe stato passato per le armi se Rodari, che faceva parte della brigata e l'aveva riconosciuto, non gli avesse firmato un lasciapassare32.
Non risulta invece che Sironi sia stato sottoposto a processi di epurazione, nonostante il clima violento dell'immediato dopoguerra33.
Alla disperata amarezza per il crollo delle sue illusioni civili e politiche, si aggiunge lo strazio per il suicidio della figlia Rossana, che si toglie la vita a diciannove anni, nel 1948.
Non smette comunque di lavorare. Nella sua pittura, però, alla potente energia costruttiva si sostituisce spesso una frammentarietà delle forme e un allentarsi della sintassi compositiva. E non è un caso che uno dei suoi ultimi cicli pittorici sia dedicato all'Apocalissi.
In questi anni rifiuta polemicamente di partecipare alle Biennali di Venezia, ma continua a esporre in Italia (Triennale di Milano, 1951; Quadriennale di Roma, 1955) e all'estero (mostra itinerante negli Stati Uniti, con Marino Marini, nel 1953). Nel 1955 esce la monografia, tuttora fondamentale, Mario Sironi pittore, del vecchio amico Agnoldomenico Pica. Nel 1956 è eletto Accademico di San Luca: un riconoscimento che accoglie con disincanto. "Una commedia" scrive al fratello34.
La sua salute intanto si deteriora, anche per il sopraggiungere di un'artrite progressiva. Nell'agosto 1961, mentre la compagna Mimì è all'estero35, è ricoverato per una broncopolmonite in una clinica di Milano. Muore pochi giorni dopo, il 13 agosto.
Tempo prima aveva scritto a Luigi Gobbi, suo barbiere e uno dei suoi rari confidenti: "Di me non so dire nulla. C'è un mucchietto di rifiuti qui davanti, nell'orto, e mi sembra la mia vita, il mio cuore, le mie speranze…". E anche: "Speriamo davvero che dopo tante burrasche, tante tempeste, tanto bestiale soffrire […] si arrivi lo stesso in un porto dove per questo misero cuore ci sia pace e silenzio"36.

30 Scritti..., cit., p. 330 e p. 339.
31 M. Valsecchi, In tutti i suoi quadri l'ombra dell'Apocalisse, "L'Illustrazione Italiana", n. 11, Milano, novembre 1961, p. 72. L'episodio (si legge nell'articolo, pubblicato dopo la morte di Sironi) era stato confidato dieci anni prima a Valsecchi dall'artista stesso, che aveva rievocato quei momenti con profonda angoscia. Evidentemente il critico doveva aver frainteso alcuni particolari della narrazione.
Del tutto inattendibile appare invece l'ipotesi, anch'essa piuttosto diffusa, che Sironi stesse per essere fucilato con i gerarchi fascisti a Dongo, e, salvato in extremis da Andrea Cascella, avesse poi eseguito sul posto il disegno dei cadaveri.
32 Racconta Rodari: "Non so se posso vantarmene: gli firmai il lasciapassare, in nome dell'arte". (M. Argilli, Gianni Rodari. Una biografia, Torino 1990, p. 14).
33 Sul foglio "Gli Insorti", Milano, 15 giugno 1945, un certo Albano Rossi pubblica La famiglia di Sironi e chiede arrogantemente l'epurazione degli artisti del "Novecento" (cit. in L. Cavallo, Sironi. La visione drammatica, catalogo della mostra, Firenze 2002, p. 24-25).
34 Scritti..., cit., p. 386.
35 Probabilmente in Scandinavia (non, come è stato detto, in crociera a Sidney, dove invece si trovava Matilde).
36 Cit. in R. Carrieri, L'ultimo incontro con Sironi malato, "Epoca", Milano, 17 settembre 1961, p. 91.

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